Normalmente per chi pesca dalla barca, l’inverno è una stagione di riflessioni e il tempo a disposizione viene usato per piccole riparazioni o modifiche del loro mezzo; i temerari della traina però, non si fermano davanti a qualche difficoltà atmosferica, anzi, per alcuni, il periodo buono è proprio questo e con un vantaggio in più: pochi concorrenti in mare.
Il freddo è alle porte e alcuni pescatori che normalmente usano la barca come “attrezzo” da traina depongono in banchina le armi e, più o meno pazientemente, aspettano… che passi. Le tecniche di pesca che prevedono la barca ancorata prendono il sopravvento e molti appassionati, si “abbassano” a catture tipiche del bolentino e del lightdrifting.
Tra tutta questa massa di “pantofolai del mare” però, si fa largo una folta schiera di irriducibili che, per niente al mondo, rinuncerebbe alla loro tecnica preferita: la traina, con le sue scorribande in mare, con i suoi rumori con i suoi profumi.
Per queste persone il brivido non finisce con l’autunno, tutt’altro, anche in questa stagione tentano e riescono a portare a termine esaltanti catture.
Appurata la passione e la volontà di andar per mare, vediamo adesso come e con cosa conviene muoversi.
Partiamo dalla barca ottimale. Anche se non ci sentiamo di escludere completamente imbarcazioni open, un mezzo -con cabina anche piccola- permette di tenere al riparo tutto ciò che potrebbe danneggiarsi a contato con l’acqua marina.
A tal proposito, una particolare cura va posta nella scelta dell’abbigliamento, che sarà a base di indumenti leggeri, ma di lana, (anche una calzamaglia sul corpo è l’ideale) inoltre cerate e stivali in gomma.
Le uscite invernali in ogni caso, devono essere sempre improntate sulla sicurezza; non scordiamoci che in questi periodi il mare è semideserto per cui non dobbiamo aspettarci aiuti esterni: prudenza e raziocinio, magari avvertendo qualcuno a terra dei nostri movimenti e del tratto di mare dove ci recheremo a trainare; ovviamente dotazioni di bordo efficienti, radio e cellulari a portata di mano.
La morfologia ideale dei fondali è quella mista alga e roccia; anche le chiazze isolate di sabbia tra le alghe e la roccia sono un ottimo punto di pesca. In alcune zone d’Italia si possono ancora trovare fino a dicembre le ricciole di branco intorno ai due chili, che stazionano però a mezz’acqua. Pescando con gli artificiali, minnow e cucchiaini, le prede classiche dell’inverno sono in ordine la spigola, la palamita e il dentice, anche se può capitare di ferrare specie di branco come i tonnetti. Usando invece esche naturali come i totani, i calamari e le seppie, si pescano oltre a tutte le specie sopra citate anche lecce e ricciole medio-grandi che saltuariamente risalgono gli alti fondali alla ricerca di pesci e di molluschi di branco. Ricciole giganti a parte (che in questo periodo frequentano profondità anche superiori ai 60 metri), la fascia d’acqua più probabile per l’incontro con i predatori invernali è quella compresa fra i 14 ed i 30 metri di profondità
DOWNRIGGER PER SFIORARE IL FONDO
Con il raffreddarsi delle acque i predatori classici della traina sotto costa, tendono a scendere il più possibile alla ricerca di una temperatura più costante. La traina invernale, quindi, si pratica particolarmente a fondo e l’azione di pesca sarà impostata per far navigare le esche a stretto contatto con il fondale. Se si vogliono usare esche naturali morte, dato che in questo periodo il vivo è assai difficile da reperire, è preferibile usare il piombo guardiano. Chi apprezza le esche artificiali, potrà usare vari sistemi d’affondamento: l’affondatore a palla o downrigger, il monel e le lenze piombate. Le attrezzature pescanti saranno nell’ordine delle 20 o 30 libbre e le 12 libbre quando si usa l’affondatore a palla.
Piccoli accorgimenti per far risultato
La velocità della pesca con esche artificiali è compresa tra i 3,5 ed i 5 nodi, ma procediamo con ordine.
La montatura comune per l’uso del downrigger è composta dalla doppiatura sulla lenza madre, dalla girella e da un metro e mezzo di terminale. Vengono calati in acqua cinquanta metri circa di lenza, quindi si aggancia la pinza e si cala fino a raggiungere la profondità desiderata.
Per misurare la profondità che vogliamo raggiungere in traina, si possono fare delle prove: si cala in una zona sabbiosa finché la pinza (fregando sul fondo) non si sganci; quindi si mette un segnale sia sulla lenza, sia sul cavo dell’affondatore, accorciandolo di due metri circa.
Questo ci permetterà di avere più segnali a varie profondità, fattore che ci eviterà di perdere le esche in probabili incagli. Piombatura diretta La piombatura diretta si inserisce su una doppiatura di monofilo di circa due metri effettuata sulla lenza madre. Per mezzo di una girella piccola (che sia in grado di passare senza intoppi fra gli anelli della canna), si aggancerà il terminale di lunghezza variabile (mediamente lungo circa diciassette metri).
Sempre secondo la lunghezza della lenza calata, inseriremo la zavorra oscillante dai 300 grammi al mezzo chilo. La stessa strategia dei segnalini permetterà di individuare la lunghezza ottimale di lenza da filare in acqua.
Monel
Va considerato uno dei migliori sistemi d’affondamento. Al monel si fissa una girella (anche questa deve essere di grandezza tale da permetterle di passare agevolmente fra gli anelli della canna) alla quale legheremo il terminale lungo quindici metri circa. Per la quantità di monel da calare conviene regolarsi in relazione alla profondità d’azione, in ogni caso, per avere garanzie di un buon affondamento delle esche, dobbiamo calare circa 200 metri di monel. E’ da tener presente che per il corretto uso di queste lenze è conveniente trainare seguendo linee rette, evitando le brusche virate che porterebbero inevitabilmente a ferrature sul fondo.
Pesca con esche naturali
Occorre preparare un terminale del diametro dello 0.60, lungo 15/18 metri circa, il quale andrà collegato alla lenza madre tramite una girella -anche questa di grandezza tale da poter agevolmente passare fra gli anelli della canna-.
Dopo aver calato il terminale, legheremo sopra la girella con un nodo a fiocco, sicuro alla trazione ma facilmente sganciabile, uno spezzone di nylon o di dacron lungo circa due metri, al quale assicureremo il piombo “guardiano” di peso variabile tra i 300 ed i 500 grammi a seconda della profondità d’azione. La velocità di traina con il “guardiano” non dovrà mai superare i due nodi.
Le esche migliori
Iniziamo con gli artificiali: i migliori per l’inverno sono i minnow con paletta metallica nelle misure che vanno dai 9 ai 14 cm. Non ci sono parametri certi che stabiliscano la colorazione migliore; questa dipende dal luogo, dalla profondità dell’acqua in cui operiamo e dall’imprevedibilità dei soggetti adescandi: i pesci.
Non solo, tutti questi concetti sono passibili di… ribaltamenti improvvisi; infatti, è capitato di prendere dentici anche con artificiali adatti alla pesca in acque interne, oppure, i risultati raggiunti con un determinato pesciolino metallico, con una colorazione ics, di punto in bianco non valgono più.
Per questi e altri motivi, è consigliabile non stancarsi mai di fare prove, e conviene quindi avere a bordo una vasta gamma di modelli e di colorazioni. Per quanto riguarda le esche naturali, cercheremo come al solito di seguire il concetto stagionale. L’inverno, un po’ in tutta la Penisola, è indice di cefalopodi: calamari, totani e seppie sono assai catturanti anche morti, purché molto freschi. L’innesco è il solito, con l’amo trainante del 3-4/0 inserito nella parte anteriore della sacca, ed il secondo del 6/0 infilato in modo che la punta fuoriesca dalla testa, ovvero fra i tentacoli. L’esca morta però, deve avere un aspetto “convincente” per essere attaccata, quindi dovremo procedere al suo bilanciamento tramite un piombo di 20 grammi circa, fermato sul corpo dell’esca in prossimità dell’amo trainante, mentre, nella sacca del cefalopode, inseriremo un po’ di materiale galleggiante ad esempio due listelle di polistirolo.